venerdì 22 luglio 2011

Lo scontro in scooter, di X-Senefrega.


Mi aggiro con lo scooter in una città uggiosa. Le strade sono più grigie e malinconiche che mai. Vago tra discese e salite alla ricerca del ristorante in cui mi ha dato appuntamento mia sorella. Ho come l’impressione però di non controllare completamente il motociclo,che fa di testata sua. Su un dosso che nasconde l’orizzonte lo scooter schizza via, ma come un X-fighter riesco a riappropriarmene in volo. Altro giro, altra prova. Nei pressi di una piazza lo scooter prende nuovamente velocità e vengo catapultato per aria. Per contenere il salto mi aggrappo ad un lampione che per forza centrifuga si avvita a quello a fianco come un tralcio di vite. Scendo giù ancora roteando come un acrobata. Faccio il disinvolto con la speranza che i vigili urbani - intenti a multare una coppia di ragazzi - non mi abbiano visto. Macché, non aspettavano altro. Sono in due, l’appuntato e il maresciallo. Gli spiego che mi dispiace e che non l’ho fatto apposta e poi non mi sembra si tratti di un’infrazione. L’appuntato mi fa capire che se potesse chiuderebbe un occhio ma non è lui che comanda. Così, redatto il verbale, continua a giocare al pc con il maresciallo. Stanno giocando a Street Fighter con i personaggi che disegnano in tempo reale su una tavoletta grafica. Il computer interpreta e ottimizza le bozze fatte a mano. Ormai ignorano me e la mia curiosità giacché la multa è stata emessa: 700 €. Una cifra ragguardevole per un precario. E poi dovrebbe essere il comune a pagare me per questo pezzo di Street Art che chiamerei “Intralcio di Luci”.


dreamed by: X-Senefrega.
Il suo blog: E chi se ne frega

giovedì 21 luglio 2011

The show must go on.

Corro. Qualcuno, davanti a me, mi tiene saldo per mano guidandomi in una corsa a perdi fiato lungo un corridoio in penombra, straripante di oggetti e ostacoli di ogni tipo. Schivo una cassa di legno, salto oltre un accrocchio di cavi e prese elettriche, abbasso la testa per evitare un riflettore, inciampo sul tessuto spesso di una tenda. È chiaro, sono dietro le quinte di in un teatro, nei meandri di cunicoli che tra scale, scalette, angoli bui e macchinisti incazzati, conducono al palco. Quello che mi tiene per mano ha molta fretta, perchè non ci fermiamo mai, neanche per riprendere fiato. "Comincia lo spettacolo" mi dice, e io mi chiedo come mai non siamo seduti in una poltrona in platea, come tutto il normale pubblico pagante. In effetti, non ricordo di aver pagato un biglietto. Poi, finalmente ci fermiamo, in un piccolo spazio tra una quinta e l'altra su un lato del palco. Da qui, ho una visuale incredibile: vedo gli attori e le luci che aggrediscono impietose i loro volti e le minuscole crepe d'emozione sulle loro fronti,  nascoste dal cerone e da anni di metodo Stanislavskij. Sento il fruscio dei costumi e l'odore della lacca. Potrei quasi sedermi in un angolino e godermi lo spettacolo. Ma non ho neanche finito di formulare il pensiero, che il tizio che è con me mi mette in mano   un malloppo di fogli e mi dice "tocca a noi". Ecco. Sapevo che dietro c'era la fregatura. Guardo lui, il palco, i fogli, che naturalmente sono il copione. Che naturalmente io non conosco. Guardo me, in uno specchio,  sono in jeans e senza trucco mentre lì fuori c'è probabilmente la crema del panorama teatrale contemporaneo. Eppure, che io sappia, neanche il tizio ha studiato e neanche lui è in costume. Per cui sarò felice di dividere con lui questa scena tragicomica, se è quello che vuole. In un attimo siamo sul palco. Due alieni in converse, con la faccia di bronzo e la coda di paglia. Lui si inchina e io con lui e mi rendo conto, senza troppa sorpresa, che lui lo fa con una certa grazia mentre io ho la scioltezza di un impiegato giapponese. Adesso forse dovrò dire la mia battuta, quella che non so, e il panico comincia a salirmi in gola in bolle amare di saliva. Invece comincia il mio socio. Si siede su un pezzo di scenografia e parte con  un monologo che sembra non finire mai, incalzante, coinvolgente e incredibilmente ispirato. Quando finisce tutto il teatro è in piedi, in un delirio di commozione e applausi. È la prima volta che mi chiedo chi sia questo individuo. Eppure il pubblico lo ama. Gli attori lo amano. E forse, anche io.  

Dreamed by: Monsters

sabato 16 luglio 2011

La Playstation antelucana.

Uno va al cinema per rilassarsi, giusto?
E si vede che son nervosa, perché per andare al cinema questa sera decido di fare un rally su e giù per la sopraelevata con il mio fuoristrada 4x4. Giù aiuole, giù cartelli stradali, giù motociclisti; e già che ci sono faccio anche un secondo passaggio, casomai fosse rimasto qualcosa in piedi.
Al cinema ci vado da sola, e quando esco dalla proiezione mi metto a chiaccherare con una ragazza che incontro nel foyer; mi volto e vedo accanto a me un tizio con cui ho fatto un colloquio qualche anno fa.
Uellà, gli dico, a corto di argomenti.
E' diverso da come me lo ricordavo; è tranquillo e sorridente, con il suo giubbotto e il suo zaino sulle spalle.
Vieni da me a giocare alla Playstation, mi dice, magari intanto mi racconti come ti vanno le cose.
Ok, dico io, salendo sul mio fuoristrada che durante il film si è come sgonfiato ed è diventato una biciletta sfigatissima. Lo seguo fino a casa, ed è una delusione: dopo un ingresso spettacolare, degno di uno dei migliori establishment Californiani, ci infiliamo in questo mini appartamento dove vive in condivisione con due suoi stagisti.
Strano, penso io.
I due sono odiosi, girano in mutande e canotta per casa e fanno di tutto per rubarmi il joystick di mano. Il mio ospite è passivo, completamente disinteressato dalla situazione, al punto che saluta tutti e se ne va a dormire.
Penso proprio che sia il caso di andarmene, e indispettita dal trattamento ricevuto esco senza salutare.
Però mi perdo nel labirinto dello stabile, e in più mi rendo conto di aver dimenticato la borsa da loro; così torno indietro, recupero la borsa e mi faccio accompagnare fino al cancello.
Dietro di me, nel giardino tropicale del complesso edilizio più sfarzoso di questo lato del mondo, l'acqua della piscina si increspa leggermente, mossa da un leggerissimo alito di vento spinto fino a qui da un cielo così perfetto da sembrare finto.
Salgo sulla bici che albeggia, e imbocco la sopraelevata che arriva dritta dritta a casa dei miei.
Hai fatto tardi, dice mia madre in un'alba rosata.
Non sai quanto, dico io, e nel mio sogno mi addormento al quadrato.

Dreamed by: Co.

mercoledì 6 luglio 2011

La visione, di X-senefrega

Mi trovo nella stanzetta dell’appartamento in cui sono cresciuto con tutta la famiglia. Ci stiamo preparando per partire, per andare come di consueto al paese di mio padre, che soffrendo maledettamente il caldo è in canottiera di spalle alla serranda semichiusa. Gli dico che ho incontrato i suoi amici che mi hanno chiesto di lui. Gli ho risposto che siamo in partenza. Lui si innervosisce e mi dice che non avrei dovuto perché non si sa mai, perché potrebbe esserci un imprevisto. Mia sorella, la grande, ci tiene a precisare che gli imprevisti regalano le sorprese più belle, come quando il Papa vide la Madonna all’improvviso. Le dico che se le minchiate fossero pane lei gestirebbe un forno molto redditizio. Mia sorella, la piccola, si piega in due dalle risate. Persino mia madre - tipico esempio di cristiana credente-praticante-professante - la manda a cagare. Calano le tenebre e andiamo a dormire in attesa della partenza. Dormo disteso, vestito, prono. Sul letto a cassetto a fianco ci sono le mie sorelle in posizione testa/piedi. Il mio sonno viene turbato da qualcosa. Il buio viene rischiarato da un fascio di luce flebile avvolto in una nuvola di fumo candido. Mi giro intorpidito e subito metto a fuoco l’apparizione. È la Madonna. Ma non ha sembianze umane, statuarie o evanescenti. Ha la stessa consistenza dei personaggi del presepe. Spigolosa, dura e con la base piatta. Però è Lei. Mi butto a terra per implorare perdono. Ho sbagliato, non dovevo deridere mia sorella mettendo in dubbio l’esistenza dei miracoli. Corro sconvolto verso il bagno dove mi guardo allo specchio piangendo con il volto informe di un diciassettenne. Piango, piango, piango di straniamento.


dreamed by: X-Senefrega.
Il suo blog: E chi se ne frega

martedì 5 luglio 2011

La colazione mancata.

Nel mio sogno sono nel mio letto.
Sogno e son desta.
Nel mio sogno c'è un uomo nel mio letto.
Nel mio sogno lui si sveglia la mattina e un raggio di sole gli illumina gli occhi semiaperti.
Nel mio sogno lui si sveglia che ha fame, e vuole la sua colazione.
Nel mio sogno vado in cucina e tiro fuori latte, caffé, pane e marmellata, ma lui vuole molto di più. Vuole uova e pancetta a colazione. E così devo rubare un uovo, un solo uovo, alla mia coinquilina, che però mi coglie in flagrante, e quindi per fargli queste benedette uova benedette a colazione io devo scendere, andare al supermercato, comprare un uovo, un solo uovo, poi risalire le scale e trovarlo con le pentole in fiamme perché il genio ha ben pensato, in mia assenza, di riscaldare l'olio nel frattempo.
Nel mio sogno tutto va in fumo, anche i sentimenti, perché lui che si è svegliato vicino a me è esasperato da  questa situazione e con una scusa banale se ne va.
Nel mio sogno penso che se fosse un sogno vorrei svegliarmi.

Poi mi sveglio.
E l'uomo nel mio letto a colazione vuole brioches.
Yeah.

Dreamed by: Co.