venerdì 18 novembre 2011

La notte in ostello.

"Questo ufficio non è un albergo!"
Se qualcuno lo urlasse adesso, si sbaglierebbe di grosso.
Sono ore, forse giorni, forse anni, che mi aggiro per una città perennemente buia trascinando una valigia di cui ignoro il contenuto. Forse non ho mai fatto altro in tutta la mia vita.
E quando arrivo nel mio ufficio sono quasi contenta che si sia trasformato per magia in un ostello gigantesco, con stanze e letti a castello o divani morbidi nei corridoi.
La sensazione è quella di essere entrati in un tipico studentato americano, quelli da confraternita. I miei colleghi del corridoio di là si aggirano sciolti in calzini e maglietta, come se avessero 16 anni, 1 paio di mutande pulite, 0 preoccupazioni e poco altro. Si muovono molli e lenti, come se fossero di nuovo liberi dal loro esoscheletro di convinzioni.
Ma io ho bisogno di dormire, ho bisogno di riposare. E' troppo tempo che vago senza meta.
Non ci sono ragazze, in questo edificio, solo quelle che si accoppiano con i suoi ospiti.
Così mi rivolgo all'unico spaiato, e non voglio nulla, voglio solo il suo letto, voglio solo dormire.
No, mi dice, tu non sei della confraternita, il mio letto non te lo do. Che poi arriva la mia fidanzata e se ti trova qui sono guai.
Ma io non voglio niente, ti giuro, niente, solo appoggiare e chiudere gli occhi e affogare in questa stanchezza.
E va bene, mi dice, va bene: ti lascio il mio letto. Ma solo due ore, durante il mio turno di guardia; poi te ne vai.
Chiudo gli occhi in questa stanza dove corpi giganteschi si muovono come cavallette aliene, senza sosta, senza quiete, e mi chiedo quale attacco sta per arrivare alle porte dell'edificio, alle porte del mio sonno.

Dreamed by: Co.




lunedì 14 novembre 2011

La donna senza valigia.

Sono la donna con la valigia, io. Per chi non lo sapesse io e il mio trolley semirigido rosso brillante con graffi neri ormai indelebili, siamo i più assidui frequentatori della tratta alta velocità tra Milano e Bologna e di altri non-luoghi ameni, quali autogrill dimenticati nella nebbia,  sale fumatori degli aeroporti, e tangenziali vista mare. Viaggi di andata e ritorno. Ma sarebbe meglio dire di ritorno e ritorno. Perchè ritornare a casa è quello che faccio da una vita. E per qualche motivo, ovunque io sia, la mia casa è sempre altrove.
Detto questo stanotte io e la mia valigia stiamo tornando a casa. A Bologna. Ma le strade che percorro a piedi assomigliano in modo inspiegabile ai vialetti silenziosi di quell'altra mia casa, quella dei miei, al mare. Incontro un po' di  persone, persone di Milano e mi fermo a salutare. E si vede che in tutta questa confusione di case e di città, qualcosa mi sfugge. La mia valigia. Mi guardo indietro e all'improvviso lei non c'è più. E non capisco come sia possibile. Torno indietro di qualche metro e non la trovo. Mi affaccio dietro l'angolo, sbircio sotto le auto parcheggiate, come se avessi perso un cucciolo indisciplinato. Niente. Qualcuno deve avermela rubata. E allora mi concentro, ricaccio indietro le lacrime e mi dico che in fondo era solo una valigia. E che in fondo dentro c'erano solo dei vestiti. Mi passa per la testa come un fulmine l'idea che da questo momento sarò più libera e i miei viaggi più leggeri. È un pensiero illuminante. Ma è solo un attimo. Perchè quelle erano le mie cose e qualcuno mi ha derubato. E all'improvviso è come se in quella valigia, tra calzini e magliette, ci fossero i miei polmoni, le mie braccia, le mie orecchie e le dita dei miei piedi. È inammissibile che me la sia lasciata portare via così. Eppure chissà, magari è solo tornata a casa. 

Dreamed by: Monsters