Molta polvere e poca luce. Almeno qui dentro. Ma se mi volto indietro, vedo il rettangolo di una porta spalancata inondato di una luce accecante, di lame bianche che entrano con violenza e tagliano l'aria viziata. È tutto fermo, anche il respiro. Viene fuori incerto, si sente un ospite indesiderato. Dev'essere passato molto tempo dall'ultima volta che qualcuno ha camminato in questa casa. Devo muovermi piano, senza disturbare, ma il silenzio è così forte che mi cigolano anche i pensieri. Piano, pensa piano. E così osservo molto piano la scalinata davanti a me e poi molto piano giro la testa da un lato. Non sono sola. A qualche metro da me c'è un cane tutto costole e denti, mi fissa muto con i suoi occhietti umidi e il naso tremolante. To starve è il termine inglese per “morire di fame”. Come sono pragmatici gli inglesi, racchiudono immagini potenti in una sola parola, anche quando si parla di cose come la morte. Cose per cui noi sprecheremmo lacrime e preghiere e veli di pizzo nero e litanie recitate in un filo di voce. To starve è quello che sta succedendo a te, cane. Da quanti secoli nessuno ti allunga qualcosa da mangiare? Mi sembra anche di conoscerti, in qualche modo mi ricordi qualcosa, forse addirittura qualcuno, ma tutto questo pensare fa troppo rumore. Scusami cane, devo fare silenzio. Passa un secondo, anzi meno, nessun rumore, nessun movimento, eppure mi accorgo che il cane è qui, proprio dove sono io e mi sta mordendo la mano sinistra. Il dolore arriva in ritardo e non è nemmeno dolore, è più un certo fastidio, ho una mano bloccata nella bocca di un cane che forse conosco e forse no e forse mi ricorda qualcuno e questa cosa mi dà fastidio, ecco. Devo liberarmene. Comincio a salire le scale davanti a me con il cane che non molla, la mano sanguina, la sollevo e lui mi resta attaccato a penzoloni, con le zampe che annaspano nell'aria polverosa. Ti avrei comprato una salsiccia e invece non avrai proprio niente e stai anche facendo un baccano infernale. Tutto questo sangue mi rovinerà i vestiti e l'umore. Arrivo in cima alle scale e il cane è sparito. Così non vale. Trovo un bagno e cerco di lavarmi le mani ma resto ferma a guardare la mia immagine nello specchio. Perché non c'è un posto nel mondo dove possa restare un secondo in pace? Poi premo la mano aperta contro il vetro e lascio un'impronta netta di sangue. Mi piace l'idea di spaventare qualcuno, se mai qulcuno dovesse arrivare.
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giovedì 20 ottobre 2011
Il morso.
Pubblicato da
Monsters&Co
alle
20:18
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