Notte di capodanno. Che noia. Mi tocca fare quella che si
carica di aspettative, monta su il sorrisone delle feste, sale sul tacco dodici
e va al solito festino in cui tutti si divertono ad ogni costo. Vorranno
riempirmi di lenticchie e uva, perché porta bene, porta soldi, porta
benessere. Forse, visto come
vanno le cose nel mondo, porta solo sfiga.
Ma non voglio fare la snob. Se innaffio il tutto con copiose
secchiate di vodka, forse posso farcela.
Così sono pronta, mi fanno già male i piedi su questi
trampoli mortali, ma va bene così. Sto per uscire e in fondo a me stessa, ma
proprio in fondo, continuo a nutrire la silenziosa speranza che accada qualcosa
di inevitabile che mandi a monte i capodanni di tutti, così la finiamo con questa
storia che bisogna divertirsi per forza. Un asteroide. Una nave aliena. Un
blackout globale. Un attacco di sonno collettivo. E invece no. Arriva solo una
telefonata. È l’agenzia. Pensa te.
Qualcuno dall’altra parte del telefono dice “progress”, come
accade ogni lunedì mattina. E il lunedì mattina è già un’impresa titanica
strappare le persone dalle macchinette del caffè, costringerle a spegnere la
sigaretta, aspettare quello che è andato a fare pipì e l’altra che non mette
giù il telefono. Figuriamoci alle 11 del 31 dicembre, quando siamo tutti sparsi
in giro per le nostre vite.
E invece, miracolosamente in un attimo ci siamo tutti. Sto
entrando in sala riunioni nel mio ufficio di Milano, sempre sui miei tacchi
spropositati e sì, lo ammetto, con un bicchiere di vodka orange in mano. Vedo
arrivare gli altri, anche loro teletrasportati da chissà dove, qualcuno non ha
neanche avuto tempo di mettere giù la fetta di panettone. Si lamentano più o
meno tutti di questa scocciatura inutile, in quel modo particolare che ha
ciascuno di loro e che conosco a memoria. Un’altra strana fissazione del capo,
li sento dire. Esatto, il capo. Che non c’è. E senza di lui non possiamo
cominciare.
Così, tra avanzi mollati sul tavolo e brindisi improvvisati
senza troppa convinzione, cominciamo a capire che la mezzanotte ci troverà qui,
intorno alla’unica tavola dove nessuno si sarebbe voluto trovare. E con persone
che non si è scelto. Eppure queste, che io lo voglia o no, sono le persone
della mia vita. Quelle con cui passo più tempo al mondo, ogni giorno, più dei
miei amici, molto più del mio fidanzato, infinitamente più della mia famiglia.
Non è così sbagliato, trovarmi con loro ora.
Mi scappa un po’ da ridere. Alla fine, era quello che volevo. Ho invocato il cataclisma e
ora mi becco il progress di capodanno. Ringrazio il mio subconscio per la sua incredibile
ironia.
Dreamed by: Monsters
Dreamed by: Monsters
3 commenti:
Puoi per favore chiedere al tuo subconscio- piu' che ironico lo definirei poco sub e molto conscio- quale tecnologia ha utilizzato per questa meraviglia ? Non baderei a spese...
Grazie.
La Direzione.
C'è un motivo per cui si chiamano sogni!
Monsters.
Mah, un noto psicologo americano del novecento, tale Disney, Walt Disney, sosteneva che i sogni sono desideri.
Una teoria come un 'altra.
La Direzione
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