Un mercoledì mattina qualunque, a Milano. Mi sveglio e mentalmente comincio a pensare a tutte le azioni meccaniche che mi tocca svolgere prima di arrivare in agenzia. Mangiare biscotto, lavare denti, indossare biancheria pulita, prendere chiavi macchina. Poi però decido di fare una cosa diversa, un dirottamento sul mio immutabile binario mattutino. E così, in un attimo, sono su una spiaggia. Mi tolgo le scarpe e sento la sabbia umida sotto i piedi. Bello. Senza pensare comincio a spogliarmi, mollo pezzi di abbigliamento sul bagnasciuga, poi cerco di sistemarli e piegarli un po' meglio, dopo dovrò essere presentabile, e invece il vento li scuote e li riempie di sabbia e io penso "ma sì, chi se ne frega". Entro in acqua ed è una sensazione che mi mancava. Non potrei bagnarmi i capelli perché dopo devo andare in agenzia, e invece gli schizzi mi arrivano ovunque e io penso "ma sì, chi se ne frega". Lo stesso destino di menefreghismo tocca ai fogli che mi ritrovo in mano: email e appunti che finiscono letteralmente ai pesci.
Poi esco dall'acqua e sono felice. Mi viene in mente quella parola inglese che non ha una traduzione esatta in italiano. The wilderness. Con orgoglio, voglio portare la mia "selvatichezza" tra i corridoi della Milano che produce. Bagnata e scombinata, indosserò i vestiti stropicciati sulla pelle salata, infilerò i piedi insabbiati nelle ballerine da ragazza per bene e con gusto ascolterò il rumore fradicio dei miei passi mentre torno a fare il mio dovere.
Dreamed by: Monsters
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