Esterno notte. Ci sono alberi fitti e boscaglia e cespugli. Ci sono altre persone. Le intravedo appena, però le sento. Mi sfrecciano di fianco in respiri affannosi. Sono ombre frenetiche tra gli alberi, le sento sibilare e nascondersi. Stiamo tutti scappando da qualcosa. E io corro trascinandomi dietro un filo d'ansia sottile, mi impiglio nei rami, vado avanti e avanti e avanti e qualche volta guardo in su e tra le chiome folte degli alberi intravedo sprazzi di stelle immobili.
A un certo punto sono ferma. Non ce la faccio più. Sono piegata in avanti, con le mani sulle ginocchia e il respiro spezzato che mi esce dalla bocca in piccole nuvolette. Ma non è stata una buona idea. Quando sento un fruscìo dietro di me, ho appena il tempo di tirarmi su e voltarmi e qualcuno, di cui non conoscerò mai il volto, mi infila qualcosa nella pancia. Toh, guarda un po', è una mannaia. È proprio il pensiero che mi si formula nella testa. Ho la schiena contro un albero e la lama mi trapassa lo stomaco da parte a parte, conficcandosi nella corteccia dietro di me. Toh, guarda, sono incastrata, è il secondo pensiero mentre sento un fiume caldo di sangue scendermi lungo le gambe.
Poi c'è un ellissi. Sono viva, sto bene e conduco la mia vita normalmente.Parlo con la gente e non vedo l'ora di raccontare la mia avventura, descrivendola con dovizia di particolari truculenti, sentendomi la coraggiosa eroina di un film di Wes Craven. E così eccomi qui, che chiacchiero con due persone sconosciute e racconto e racconto finchè arriva il momento di mostrare la ferita e lasciarli tutti impietriti. Solo che quando sollevo la maglia la mia cicatrice è piccola e sottile, poco più di un taglietto, più innocua dell'appendicite, non rende onore al mio incidente. Che sfiga, mi hanno aperto lo stomaco come un maiale da macello e nessuno ci crederà.
Dreamed by: Monsters
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