giovedì 20 dicembre 2012

L'innocenza perduta.


Ricordo questo pavimento. Le sue piastrelle in cotto, sempre all'ombra, troppo fredde se calpestate a piedi nudi.

Ricordo il rumore di queste tende mentre le scosto delicatamente per entrare dalla porta, facendo entrare un sottile fascio di luce. Quella luce bianca e polverosa del primo pomeriggio, in agosto, quella luce da cui non puoi nasconderti.

Ricordo questa sensazione di freddo penetrante al contatto con il bracciolo del divano. Il metallo gelido nascosto sotto un materasso morbido su cui lanciarmi guardando mia madre che cucina. E il suo rumore di posate e pentole e lo sfrigolio dell'olio su cui rosolano le patatine fritte. Ricordo che è giovedì. Perchè il giovedì si preparano le patatine fritte, se siamo stati bravi.

Ricordo quest'angolo di buio in corridoio, quello dove non vogliamo mai passare per paura che un orribile e gigantesco mostro ci aggredisca in un metro quadro di oscurità mentre corriamo in camera lanciandoci sui nostri lettini, costretti a fare un pisolino dopo il pranzo e prima del malefico bombolone alla crema. Mangiati mille, tra proteste e strepiti, mai finito neanche uno. Forse è per questo che ancora oggi non riesco a mangiare dolci fritti.

Ricordo questa sagoma, quella di mio fratello in controluce. Le sue gambe corte, con le ginocchia rivolte all'indentro, e i suoi calzettini troppo larghi e cadenti sulle caviglie. Anche in controluce, posso immaginarlo sorridere con quegli occhi luminosi e il ciuccio sempre in bocca, sopra ai suoi denti piccoli e bianchissimi.

Ricordo questo rumore, quello della bicicletta di papà che arriva  traballando sul selciato di ciottoli, fischiettando. Qualcosa dei Black Sabbath o dei Deep Purple, qualcosa che viene da un mondo lontano e malinconico, ma che tra le sue labbra ha un retrogusto così soave e bellissimo. Ricordo il numero delle sue lentiggini sulle sue gambe, le uniche cose che da quest'altezza riesco a vedere. La sua pelle bianca e lattiginosa e i piedi nodosi nelle ciabatte da mare.

Ricordo questa casa, quella dei miei genitori al mare, dove passavamo ogni estate senza pensieri.
Ricordo questo senso di beata spensieratezza. Ricordo questa leggerezza nel cuore e nei piedi.

Ricordo ogni dettaglio di questo angolo di cielo dove ho lasciato la mia innocenza. Chiedendomi cosa sarebbe stato di me. E certo non potevo immaginare nulla di ciò che sono oggi.

E ora ricordo perchè, almeno in sogno, ho pensato di venire a passare un po' di tempo proprio qui.
Nella mia innocenza perduta.

Dreamed by: Co.

lunedì 17 dicembre 2012

La corsa in passerella.


Se tu me l'avessi detto, che questa strada era storta e non dritta.
Se tu me l'avessi detto, che si sarebbe alzata da terra come un serpente che si sveglia, aprendo le sue spire in mille e mille pieghe e curve sinuose, imprevedibili e senza un ordine vero.

Se tu me l'avessi detto, mi sarei messa gli anfibi e non le zeppe di Vivienne Westwood.

E invece sono qui, a questo capo della strada, e ti guardo che mi guardi dall'altro e con quegli occhi neri come l'universo mi chiedi di raggiungerti. Di corsa.
E io corro e corro e corro e corro e non ti immagini neanche quanto corro.

Corro così tanto che se mi facessero una foto adesso finirei su The Sartorialist, con la pochette in pitone fucsia e la minishirt paillettata e i capelli perfetti controvento grazie a un badile di cera. Corro così tanto che per me dovrebbero inventare una nuova categoria di servizio di moda, tipo, non so, "Paura e sudore a Las Vegas" o "Sweaty is the New Black".

Io corro e corro sui miei tacchi alti ma non vado da nessuna parte.

Io corro e corro ma queste spire si allungano sempre più, e sul dorso di questo serpente di cemento si snodano persone che mi bloccano, vogliono toccarmi, vogliono fotografarmi, vogliono fermarmi, e io mi dimeno in questo groviglio di rami pungenti dalle sembianze umane strappandomi i vestiti ma senza raggiungerti mai.

Io corro e corro e i tuoi occhi sono sempre più grandi, sono grandi come il cielo e bui come la notte, e io lo so che tu mi guardi e mi aspetti e l'unica cosa che posso dirti è:

Ancora 5 minuti, non sono pronta. Mi si sono smagliate le calze.

Dreamed by: Co.

mercoledì 12 dicembre 2012

Gente di montagna.


Ecco, noi siamo qui. E dobbiamo arrivare qui, mi dice.

Dove l'hai recuperata questa mappa. È surreale, gli dico.

Non ci vorrà poi tanto, l'ho fatto da solo lo scorso weekend, praticamente una sgambata.  

Vedo. Basta seguire il nord. Visto che questa mappa segna il nord su tutti i punti cardinali.

Non farci caso. Sarà facile.

Se lo dici tu. Ma devo fermarmi a prendere le sigarette.

Guarda che questa è una cosa seria. Non sarà facile, è bene che tu lo sappia. 

Ma avevi detto...

Dobbiamo risalire un canyon, camminare in mezzo al bosco e fare un'arrampicata su una parete verticale. 

Ma io ho i tacchi. 

Ci vorrà tutto il giorno. 

E i jeans stretti.

Ci vorrà volontà e impegno.

Il primo alpinista che incontriamo mi denuncia alla buon costume. 

Tutti dovrebbero fare questa cosa una volta nella vita. Devi farlo anche tu.

Ma quindi, niente sigarette?

No.

E va bene, andiamo.

Andiamo.

E ora dove siamo?

Nello studio di mio padre, devo cercare una cosa. 

Tuo padre ha uno studio su un sentiero di montagna? Comodo. 

È un posto segreto, non devi dirlo a nessuno.

Oh.
...

Senti, ti vedo piuttosto indaffarato, ma posso chiederti una cosa?

Sì.

Perché sto sul divano dello studio di tuo padre, sperso su un sentiero di montagna, con i pantaloni calati e un pastore tedesco che mi annusa i piedi?

È il tuo sogno, non il mio.


Dreamed by: Monsters