lunedì 14 marzo 2011

La nave volante.

Torno in Asia. Torno a immergermi in quei cunicoli di odori, sapori, colori, dove spero ancora di trovare quella parte di me che si è perduta chissà dove. In una buia città orientale, fra take away dalle insegne al neon che emanano odori di ogni tipo, sotto un cielo che non si vede perché coperto da ogni sorta di infrastruttura metallica, in mezzo a una fiumana di gente altrettanto insipida, trovo il mio uomo: un tipetto losco, piccolino, dall'aria pericolosa, gli occhiali scuri e l'impermeabile neutro.
Entriamo in uno di questi take away e ordiniamo un'insalata con i gamberi. E' talmente grande che non riesco a finire di mangiarla. Anzi, non riesco neanche a tenerla nel piatto, e devo andare a raccattare le foglie con le bacchette per tutto il tavolo. Forse è così grande perché la proposta che ha da farmi è importante: un'esperienza unica. Un viaggio in nave. Per ritrovare me stessa, dice. Vedrai che ti divertirai.
Perché no, dico io. Il mare mi farà bene.
E così, col mio zainetto, seguo l'uomo fino al molo, dove trovo il mio battello e mi imbarco senza pensarci su.
E' bellissimo, con rifiniture curate e l'aspetto tipico di una nave da marinai. Il legno lucido e l'odore del sale.
Raggiungo la mia cabina, che condivido con un'altra ragazza: è regale, imponente, comoda e invitante (la cabina, non la ragazza). Esauste, ci appisoliamo sul letto, sciogliendo le nostre coscienze nei riflussi morbidi delle onde sotto di noi.
Dormo tantissimo, dormo fino a perdere il momento della partenza; e quando ci svegliamo, mi affaccio all'oblò della stanza per capire dove sono. Invano. L'oblò che dovrebbe aprirsi sui flutti mostra invece una scogliera lontana lontana.
Che succede? - chiedo alla mia roommate.
Benvenuta sulla nave volante, - mi risponde lei, felice -  vai di sopra a scoprire quali sorprese ti attendono qui sopra.
Salgo le scale e torno sul ponte: stiamo volando. La nave è ancorata metri e metri sopra una baia sperduta. Il panorama è bellissimo da quassù. Ma non faccio in tempo a essere felice di quello che ho trovato che si alza un vento fortissimo: la barca comincia a ondeggiare pericolosamente, e il ponte elegante della nave piratesca che avevo visto poco fa si trasforma in una gigantesco gommone di salvataggio, ai cui bordi ci aggrappiamo per non venire sbalzati fuori dalle potenti onde che arrivano fin qui.
E' maremoto, è dramma. Il vento si insinua ovunque, nei vestiti, nei capelli, nelle nostre voci che gridano ma si perdono nel nulla. E' notte, adesso. Non ci sono più scogli rassicuranti a ripararci dal vento e dalla tempesta. Siamo in mezzo al mare, navighiamo senza meta, sotto un cielo inclemente che ha già deciso i nostri destini.
In lontananza, una costa, un paesaggio verdeggiante, una giungla rigogliosa fitta di fiori mannari dai colori sgargianti, un paese di pescatori blu che forse non vedremo mai.
O forse, in un prossimo sogno.

Dreamed by: Co.

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