mercoledì 11 luglio 2012

L'immenso boh, di Parco Cane.


L'ambiente è spoglio, bianchiccio, grigio topo albino, quasi da muratori che non hanno finito di lavorare. A voler fare i colti a tutti i costi e nei sogni queste cose si fanno eccome, ricorda l'ambiente di un'installazione di Fischli - Weiss.
Uno schermo illuminato dietro la mia spalla destra, una platea di sedie e persone dietro la mia spalla sinistra.
Io in mezzo, di profilo. Non guardo lo schermo e neppure la platea, osservo con una certa noncuranza il muro davanti a me.
Comprendo perfettamente che stia andando in scena uno spettacolo che quelli in platea guardano in silenzio. Ma non so di quale spettacolo si tratti e di che cosa tratti.
Tra l'altro, non c'è audio, il silenzio si muove nel cono di luce che il proiettore dietro la platea irradia verso me e verso lo schermo, che di luce ne ha troppa. Più che bianca pare morta e risorta, quella luce.
Io sono lì in mezzo, in pieno spettrogramma proiettato verso lo schermo. Resto fermo cercando di non disturbare perchè sono in mezzo agli occhi degli altri.
Ma non ce la faccio e provo a spostare, di poco, la sedia verso l'altro muro, quello che sta di fronte alla mia schiena, quello che regge il confronto con la mia colonna vertebrale.
Nel farlo, nel muovermi, sorrido con imbarazzo verso la platea. Che non fa una piega, anche perché non percepisco alcuna presenza umana.
A rivoler rifare i colti a tutti i costi e nei sogni queste cose si rifanno eccome, ricorda la performance di Marina Abramovic, il Method.
Comunque, mi sposto di qualche centimetro, ma la luce morta e risorta è sempre lì.
In effetti, tutto è lì e nient'altro esiste.
Improvvisamente realizzo dove mi trovo: non so dove.
E non mi piace affatto.
Ecco perché mi sveglio.


Dreamed by; Parco Cane






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