domenica 6 febbraio 2011

Il parto.

Sono incinta. Il termine è vicino, e io sono dominata dalla paura.
Ma la mia pancia è grandissima e non posso più sopportarla. E' talmente grande che si intravvedono, in rilievo, le fattezze del bimbo che porto dentro: i piedini, le manine, anche la testolina.
Però questo bimbo è dispettoso, e non vuole saperne di mettersi nella posizione giusta. Forse perché qui dentro sta bene. Ma questo mi costringe a un parto cesareo, proprio quello che volevo evitare.
Non ho alternative, devo andare. Partorire oggi è come una catena di montaggio: io e tante altre giovani mammine stiamo sedute in fila diligentemente, in sala d'aspetto, in attesa del nostro turno, fasciate da questi camici verde melma e con pance più grandi di noi.
Ovviamente ho fame.
Quindi percorro i corridoi in cerca di una merendina, ed ecco che accade l'improbabile: mentre salgo un'antisettica scala a chiocciola, il mio bimbo esce dalla mia pancia, come uno spirito, e comincia a fluttuare vicino a me, dicendomi di non avere paura e che vuole venire fuori. E' al mio fianco, sospeso a mezz'aria, mentre raggiungo il distributore automatico, mentre prendo il prezioso pacchetto, e mentre scendo con fatica le scale.
Poi, appena posato il piede al piano giusto, il mio bimbo torna nella mia pancia, riprende la sua forma materica dentro di me, e io sento nuovamente il peso di questa creatura che vive e si agita tra le mie viscere.
Torno al mio posto. C'è mia mamma a tenermi compagnia.
E mi fa notare che ho dimenticato la cosa più importante: di questo bimbo, non so nemmeno il nome.

Dreamed by: Co.

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